Dalla recensione di Daniela Bellotti pubblicata sul resto del Carlino il 19 gennaio 1994: "...Un'esposizione che si basa sugli studi iconografici applicati all'analisi e alla schedatura di un consistente nucleo di ceramiche di proprietà del Museo, ricerca condotta da Daniela Castaldo, per il Dipartimento di Musica e Spettacolo dell'Università di Bologna. (...) Si tratta dunque di un'occasione per rivedere con maggior attenzione una cinquantina di vasi attici in gran parte provenienti dalle necropoli felsinee, della ricchissima collezione del museo (che ne annovera complessivamente quasi un migliaio), scelti tra quelli dipinti con scene musicali, e alcuni pezzi provenienti da altre collezioni. (...) Si scopre così che molte figure nere e figure rosse dipinte sulle ceramiche, databili tra la fine del VI e la fine del IV secolo a.C., hanno portato con sé, unici testimoni, l'immagine di strumenti a corde quali la lyra, la kithara o il barbytos, o l'aulos che è a fiato, o ancora krotala o tympanon, a percussione, e ciò costituisce una descrizione tutto sommato piuttosto fedele di oggetti che la letteratura greca ci ha reso noti dal canto suo, fin dai poemi omerici. All'argomento si intrecciano quindi ambiti diversi, come una rilettura tematica dei miti, dove la musica è spesso presente, con le sue due anime, quella Apollinea, armoniosa ed equilibrata, e quella Dionisiaca, orgiastica e folle; ma anche la storia del costume e della società greca, per individuare i contesti e le modalità di esecuzione e fruizione della musica. L'immaginario greco ma anche la vita vera illustrata dalle decorazioni attiche dice molto dunque, di questa perduta musica donata dagli dei dell'Olimpo e coltivata dagli uomini, di come accompagnasse banchetti e danze, con momenti lirici e momenti di scatenamento inebriante dei sensi, della sua presenza come ritmo e come accompagnamento delle parole. Ma acuisce il silenzio da cui questi mitici strumenti greci sono tuttora circondati.