Museo Civico del Risorgimento
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Manifesto, 4 maggio 1860
Il 3 maggio il Re al mattino visitò San Luca e la Certosa, il pomeriggio presenziò alla rivista militare nella piazza antistante la Montagnola, e la sera passò in cocchio per tutte le principali vie di una città splendidamente illuminata.
Ripartì la mattina del 4 maggio, “fra gli applausi e le benedizioni di tutti”. In realtà pochi giorni sarebbero bastati per mostrare quanto questa unanimità fosse apparente.
Il 13 maggio il governo volle obbligare i sacerdoti a cantare in San Petronio il Te Deum in onore del nuovo Stato, ma questi si rifiutarono e il Vicario vescovile che capeggiava il dissenso venne imprigionato e condotto alle carceri del Torrone. D’altra parte, le notizie delle imprese garibaldine provenienti dalla Sicilia alimentavano vecchi contrasti insieme a nuove speranze: il 15 maggio Minghetti invitava un amico a scoprire e sventare le mosse del partito mazziniano che “s’infinge, grida Vittorio Emanuele… e tenta di dissolvere e di ruinare il nuovo regno”.
La distanza che ancora separava il “paese legale” da quello “reale” rimaneva enorme, e anche Bologna, passata l’emozione della visita del Re, dovette rendersene conto ben presto.